Questo sabato sono stato alla Fondazione Stensen a vedere Parola di Dio, film del regista russo Kirill Serebrennikov, presentato a Cannes lo scorso anno, con la particolarità di avere tra i produttori esecutivi due personaggi tendenzialmente non associati al cinema: Murad Osmann e Cosimo Fini aka Gué Pequeno.
Che Gué sia un appassionato di Cinema non è certo una novità, quindi per quanto possa essere curioso vederlo figurare tra i produttori esecutivi, devo dire che la cosa non sorprende più di tanto, anche perché negli anni ha dimostrato più di una volta di essere anche un imprenditore trasversale, ma rimango comunque interessato a sapere come sia nata questa produzione.
Per coloro a cui il nome Murad Osmann non dice niente, è il fotografo del progetto #followme che da qualche anno spopola su Instagram, quello in cui viene sempre portato via dalla sua compagna, la modella e blogger Nataly Zakharova.
Ma parliamo del film.
Superficialmente è la storia di Veniamin, uno studente che si affronta la sua crisi adolescenziale rifugiandosi nella Bibbia e travisandola a suo piacimento, cominciando così una sorta di crociata contro un insegnante progressista di origine ebraica.
In realtà, al contrario di quanto possa apparentemente sembrare, nel film vediamo poca fede e pochissima religione, bensì una critica alla società russa, totalmente incapace di prendere una posizione anche davanti ad un problema palesemente pericoloso, ma che preferisce chiudere gli occhi e rifugiarsi in un bicchiere di vodka (come già visto nel bellissimo Leviathan di Andrei Zvyagintsev).
L'altro aspetto che mi ha colpito non poco, sono state le didascalie sempre presenti che riportavano le corrispondenze con i brani biblici citati in modo totalmente decontestualizzante dal nostro protagonista, sottolineando come l'estremismo ha ben poco a che vedere con la religione, tematica che di questi tempi sarebbe bene promuovere.
Tecnicamente il film è veramente ben fatto, con dei lunghissimi piani sequenza che ci portano totalmente dentro la storia. Apparentemente i personaggi possono sembrare un po' troppo carichi, ma bisogna sottolineare che il film è tratto dalla pièce teatrale del drammaturgo tedesco Marius Von Mayenburg (che non conoscevo) e infine, come dicevo inizialmente, il regista utilizza questa storia per raccontare la realtà del suo paese.
È un film che consiglio a tutti di vedere, possibilmente al cinema finché c'è.
Darà inoltre un' ulteriore sfaccettatura del percorso di Gué.