Multiverso — Il coworking come esperimento collettivo
Multiverso è stato uno dei primi esperimenti di coworking in Toscana, nato prima che la parola diventasse di moda.
Le prime riunioni si svolgevano proprio in via Pepe, dove avevo il mio studio al tempo — lo stesso luogo che, anni dopo, sarebbe diventato la sede di The Square (di cui ho curato logo e immagine coordinata).
Insieme ad Antonio Ardiccioni, Niccolò Pecorini e Silvia Baracani, abbiamo dato vita a un open space di seicento metri quadri in via Campo d’Arrigo 42, a Firenze: quaranta postazioni, un’anima condivisa e l’idea che il lavoro potesse essere anche un’esperienza collettiva.
Il primo nucleo, oltre ai soci fondatori, includeva alcuni collaboratori storici di Gold e Switch:
Davide Agazzi (Deiv), amico fraterno, giornalista, DJ e autore di punta di Goldworld.it;
Lorenzo Migno, anche lui giornalista e redattore del sito;
e Luca Palmas, writer e grafico che disegnò il logo di Multiverso.
Il nome lo proposi io, ispirandomi al concetto di multiverso dei fumetti supereroistici (soprattutto Marvel): mi sembrava perfetto per descrivere uno spazio che univa più universi, quello di Gold, quello di Switch e tutti quelli che si sarebbero aggiunti in seguito.
Nel tempo si unirono anche Lorenzo Cappellini e Michele Magnani, contribuendo a far crescere Multiverso fino a diventare una rete nazionale, con sedi a Lucca, Foligno, Siena e Milano.
L’obiettivo era semplice e ambizioso: creare una community, non solo spazi.
È stato uno spazio polifunzionale utilissimo: ci ho fatto shooting, organizzato conferenze stampa ed eventi, e soprattutto ho costruito relazioni professionali e amicali che continuano ancora oggi.
Per quanto fossi legato al progetto, mi resi presto conto che il mio modo di lavorare mal si adattava al coworking: passavo gran parte del tempo al telefono, e la regola era che le chiamate si facessero fuori dallo spazio comune.
Così finivo per trascorrere le giornate entrando e uscendo, fino a capire che era meglio spostarmi altrove.
Mi trasferii nel mio attuale studio in via Masaccio, dove nel tempo ho costruito un micro-coworking dedicato al cinema e all’audiovisivo, con poche realtà affini e lo stesso spirito di collaborazione, ma su scala più umana.
Nel frattempo, Antonio ha continuato a portare avanti l’idea, fondando The Square, uno spazio multiculturale in via Pepe dove coworking, teatro e danza convivono sotto lo stesso tetto.
A distanza di anni, guardo a Multiverso come a un esperimento perfettamente riuscito: non tanto per la forma, quanto per lo spirito che lo animava — quello di creare connessioni reali in un tempo che cominciava già a spostarsi altrove.
E sì: oggi tutti parlano di multiversi, ma noi ci eravamo arrivati prima.