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CHI SONO 377 class="post-377 page type-page status-publish hentry"

Sono nato a Ramadi in Iraq il 24 luglio del 1979 da padre iracheno e madre italiana e, quando avevo solo quattro mesi, siamo tornati tutti e tre in Italia, prima a Firenze poi a Fiesole, dove sono cresciuto e dove mi sono stabilizzato dopo aver girato per un po’ dopo la fine dei miei studi.

Sin da subito è emersa la mia voglia di fare le cose a modo mio, cosa che ovviamente non rendeva felici né i miei genitore, né i miei insegnanti, ma tant’è.

Dopo un percorso travagliato nella scuola dell’obbligo sono approdato al Polimoda, istituto di formazione per la moda, indirizzato dal lavoro di mio padre che al tempo operava nel settore del fashion, che sono riuscito a finire con successo, diplomandomi nel 2002.

Sono sempre stato appassionato di tecnologia e, proprio mentre ero al Polimoda, mi appassionai del disegno digitale, soprattutto di programmi come Photoshop e Illustrator, software che mi permisero sin da subito di proporre i miei lavori scolastici in modo atipico rispetto allo standard dei figurini disegnati, ben presenti nell’immaginario collettivo e anche radicati nel modo di insegnare di quegli anni, ma che invece (non ne avevo realmente idea) era uno degli standard del mondo del lavoro.

Proprio grazie a quel tipo di approccio venni scelto come stagista presso Givenchy, a Parigi, dove andai subito dopo la conclusione degli studi, ma che era in realtà la mia seconda scelta.

Infatti, la mia altra grande passione era il writing e l’hip hop e, grazie a Lucas Meier, al tempo mio compagno di corso, ero riuscito a mandare una richiesta di stage presso Zoo York, a New York, brand streetwear che rappresentava totalmente ciò che mi piaceva e lo stile che avevo nel vestirmi.

Proprio mentre ero a Parigi mi arrivò la proposta di ricominciare lo stage a New York.
Ovviamente accettai immediatamente, nonostante le buone prospettive che mi offriva Givenchy.
Non mi sono assolutamente pentito della scelta.

Nel settembre del 2002 mi trasferisco a New York e comincio subito i tre mesi di internship che si concludono con la conferma del mio ruolo di assistent designer.

Era l’azienda dei sogni; passavano in ufficio tutti i writer che conoscevo tramite i libri e le fanzine, eravamo appena stati acquistati da Ecko Unlimited, quindi eravamo al centro della tempesta perfetta: realtà underground con i soldi. Un periodo fantastico.

Ma eravamo appunto a New York, poco tempo dopo i tragici fatti dell’11 settembre 2001, George W. Bush era alla guida degli Stati Uniti e decise che tutti coloro che erano anche solo nati in uno di quelli che definiva “paesi a rischio” non poteva avere il visto, nonostante la sponsorizzazione dell’azienda.

In quel periodo era anche diventato buddista, quindi riuscii a non farmi abbattere dalla situazione in cui mi trovavo, anzi rilanciai. Tornai così in Italia, con l’obiettivo chiaro che quello che stavo facendo a New York era ciò che volevo fare a Firenze, anche se non esisteva nessuna realtà locale che mi consentisse di farlo.

Decisi così di provare ad inventarla io facendo un mash-up della mia esperienza newyorkese, con l’intento però di fare qualcosa di italiano e personale.

Il 13 settembre 2003 nacuqe così Gold, inizialmente sotto forma di negozio, ma già con l’intento di diventare molto di più.

La cosa che mi premeva più di tutte era quella di fare un brand che rappresentasse più un idea che un prodotto e negli anni ho sempre proseguito in questa direzione.

La comunicazione di Gold era la cosa che mi stimolava di più ed è forse la cosa che è riuscita ad emergere meglio, più del prodotto, che comunque curavo con amore, ma ero davvero poco attratto dalla dimensione commerciale: avrei regalato i miei prodotti a chi li apprezzava mentre vendevo a malincuore a chi ritenevo distante da quella che era la filosofia del brand. Insomma, non ero proprio portato per il capitalismo.

Ma la comunicazione mi piaceva, quindi lentamente cercai di spostarmi sempre più verso quella direzione, anche perché mi consentiva di fare dei video, ovvero ciò che si avvicinava di più a quella che forse è la mia più grande passione: il Cinema.

Infatti, probabilmente grazie a mia madre che mi ha trasmesso questa ossessione, sono sempre stato appassionato della Settima Arte, sin da quando ho ricordi.
Avevo sempre sognato di fare il regista, ma quando la vita mi aveva portato su altri binari, mi ero semplicemente detto che ormai la mia strada sarebbe stata un’altra, cercando di giustificare in vari modi il fatto che mi trovassi in un punto diverso rispetto a ciò che avrei voluto.

C’è da dire che il mondo della moda è totalizzante, gli anni passano velocissimi, scanditi solo dal cambio di stagione ogni sei mesi, ma sei sempre a progettare cose che arriveranno e fare i conti con altre che stanno finendo e, nel turbinio del lavoro con Gold, mi ritrovai in un secondo a festeggiare i dieci anni di attività.

Quell’anno coincise anche con il mio matrimonio con Margherita e conseguentemente con il viaggio di nozze.

Mentre eravamo in viaggio, per la prima volta dopo dieci anni, staccai per un mese da quel frullatore che era il negozio e ciò che vi gravitava attorno (nel frattempo avevo aperto altre attività, ma ve le racconto in COSA FACCIO) e ebbi chiarissimo che ciò che stavo facendo non era nella direzione (almeno non del tutto) di ciò che volevo essere.

Riemerse così il desiderio di lavorare nel Cinema, mondo che in qualche modo avevo sfiorato grazie a Gold, e che prese campo grazie all’incontro con un regista con il quale decidemmo di collaborare su un documentario sul rap, argomento che era parte integrante del mio background.

Proprio mentre lavoravamo su quello, grazie a mio cognato Giovanni (che qualche anno prima mi aveva fatto conoscere la realtà aumentata), scoprii che si potevano fare video per la realtà virtuale. Video veri intendo, non solo ricostruzioni digitali.

Mi appassionai subito al mezzo, soprattutto perché lo vedevo come una strada per entrare realmente nel mondo del Cinema.

Quella strada poi l’ho presa e la sto ancora percorrendo, mi ha permesso di realizzare un sacco di progetti interessanti con persone ancor più interessanti e mi ha dato la possibilità di diventare realmente un regista, a dispetto dei limiti che mi ero autoimposto.

Oggi continuo con le mie attività quotidiane, mentre cerco di trasmettere a mia figlia Iris l’importanza della passione, che ha guidato ogni passo del mio percorso personale e professionale.