
Prima che Gold diventasse un marchio, è stato un luogo.
Un posto dove le idee prendevano forma tra bombolette, t-shirt e vinili.
Un laboratorio aperto, vivo, dove le persone entravano per curiosità e restavano per appartenenza.
Da questi spazi — da via Verdi, via Gioberti e via Doni — si è costruita la storia di un brand, di una comunità e di un modo di vivere la città.
Se via Verdi era il cuore e via Gioberti l’ultimo avamposto, via Doni è stato un passaggio necessario.

Un capitolo più breve, più appartato, ma che ha avuto il suo ruolo nel definire cosa Gold era — e cosa non voleva diventare.
Era forse il negozio più tradizionale tra i tre: una bottega di quartiere, immersa in una zona residenziale e lontana dal via vai del centro.
Aprì nel 2006, lo stesso anno di Gioberti, e da subito si capì che sarebbe stato un esperimento diverso.
Il primo a lavorarci fu Francesco Campanale, in arte Hulk, un amico writer che divideva il tempo tra il negozio e il suo lavoro di proiezionista al cinema.
Dopo di lui arrivò Lorenzo Fiore, skater e amico di lunga data, che qualche anno più tardi lo rilevò insieme a Emiliano Vitrugno.

Quando presero in mano il negozio, decisero di dargli una nuova identità: nacque così Puzzle, un progetto più commerciale e accessibile, che si allontanava dalla mia idea di street culture — più poetica, e forse anche più ostica per il grande pubblico.
Fu una separazione serena e naturale: loro andarono avanti con la loro visione, e io mi concentrai sugli altri due negozi.
Via Doni rimane il punto di equilibrio in questa storia: il tentativo di far convivere l’underground con il quotidiano, la sperimentazione con la sostenibilità.

Era il negozio che frequentavo meno, ma anche quello che segnò il passaggio da Gold come spazio fisico a Gold come visione.
Dopo dieci anni, decisi di dedicarmi completamente ad altro — al cinema, ai progetti culturali, alla realtà virtuale — ma volli mantenere viva la connessione con la comunità che avevamo costruito.
Da lì nacque lo store online, ancora oggi attivo, come una piccola casa digitale per chi c’era e per chi è arrivato dopo.
La storia di Gold e di questi anni è raccontata nel documentario Gold 10 Years di Manfredi Lucibello, costruito anche con il materiale d’archivio che avevo raccolto nel tempo.
Quel film chiude idealmente il primo decennio del brand e segna il passaggio verso una nuova fase — quella che, in fondo, non si è mai davvero fermata.