Darya
Una coppia vive la quotidianità tra gesti affettuosi e conversazioni leggere, ma sotto la superficie cresce un’inquietudine silenziosa. Sam, incapace di accettare la propria felicità, si perde nella paura di perderla. Darya è un ritratto intimo sull’amore e sulla fragilità, dove la serenità diventa il confine più sottile tra presenza e fuga.
Sasan è stato il primo collaboratore della versione più strutturata di Gold, e con lui si è creata da subito una sintonia rara. Dopo averlo aiutato a produrre il suo cortometraggio Elia, ho insistito perché mettesse a terra anche Darya, una sceneggiatura che inizialmente si chiamava Dolore nello stare felici e che mi aveva fatto leggere da tempo, ma che non riusciva a finanziare.
Il suo punto — più che giusto — era che avrebbe voluto pagare tutti per realizzarlo. Il mio, invece, era che se davvero volevamo farlo, potevamo investire solo il nostro tempo e le nostre risorse, trasformandolo in un’occasione collettiva, non in un esercizio d’ego.
Alla fine l’ho convinto. Abbiamo coinvolto Gabry, Cosimo e altri amici che orbitano intorno a Gold, trovato la location a casa di mio cugino, e in un weekend l’abbiamo girato. Tutto con quello che avevamo: qualche luce, una camera, e la voglia di non lasciarlo marcire su una cartella.
Con più tempo e un budget sarebbe stato diverso, certo. Ma è un film nato da urgenza e desiderio, e per il mio gusto personale, è pienamente riuscito.