
Essere invitato come giurato al Florence Korea Film Fest, per la sua ventesima edizione, è stato un piccolo traguardo personale — e anche la dimostrazione che tutte le ore passate in sala non servono solo ad arricchirmi culturalmente, ma a far credere (almeno ogni tanto) che ne capisca davvero di cinema.
Insieme ai miei compagni di avventura — Leonardo Cinieri Lombroso, Lapo Maranghi, Daniela Brogi e Valentina Torrini — abbiamo visto quattordici film coreani, alcuni davvero sorprendenti, capaci di mescolare poesia, ironia e forza visiva in modi che solo quel cinema sa fare.
Alla fine, all’unanimità, abbiamo deciso di premiare il bellissimo Hommage di Shin Su-won, e di assegnare una menzione speciale all’altrettanto intenso The Book of Fish di Lee Joon-ik.

Motivazione per Hommage
Viene premiato il film Hommage per la sua delicatezza e poeticità, che lavora sul non detto, ma lanciando un grido silenzioso, una richiesta di libertà.
Un film tutto al femminile. In un sistema di specchi e di simmetrie che, attraverso un’opera intensa e poetica, ci fa riflettere anche sul cinema, sia come illusione e come mondo altro rispetto alla vita di tutti i giorni, sia come memoria nascosta del mondo, capace di restituirci destini taciuti o strappati dalla storia. Un film metacinematografico con cui vogliamo lanciare un segnale d’amore al cinema di oggi in grande difficoltà.
Menzione speciale a The Book of Fish
Per la sua fotografia, la splendida ambientazione naturalistica, per una recitazione lodevole e la scelta del bianco e nero che regalano un tocco solenne alla storia, che interseca spiritualità e conoscenze “terrene”, che crea legami indissolubili tra vecchie e nuove generazioni.
Un film che coinvolge e commuove e dona nuova fiducia nelle relazioni umane.
È stata un’esperienza bellissima e divertente, condivisa con una giuria affiatata e con un pubblico che, anno dopo anno, rende Firenze un punto d’incontro internazionale per il miglior cinema coreano.