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Street Opera

"Street Opera" è un documentario che esplora il rap italiano, focalizzandosi su quattro rapper rappresentativi: Danno, Guè Pequeno, Tormento e Clementino. Il film è guidato da Elio Germano e offre una visione impressionista del fenomeno, concentrandosi sull'esperienza dal vivo. Presentato al festival Alice nella città nel 2015, ha vinto una Menzione Speciale ai Nastri D'Argento 2016.

Street Opera

  • - 70'
  • Regia Haider Rashid
  • Produzione Gold, Radical Plans
  • Cast Elio Germano , Simone Eleuteri , Clemente Maccaro , Massimiliano Cellamaro , Cosimo Fini
  • Musica Colle der Fomento, Tormento, Clementino, Gué Pequeno, Bestierare
  • Fotografia Daniele Bernabei, David Becheri, Emanuele Tassi, Haider Rashid
  • Sound Design Gabriele Fasano
  • Presa Diretta Daniele Bernabei, Haider Rashid

Il mondo del rap l’ho scoperto di riflesso al mondo dei graffiti, la vera passione che mi ha trainato e incanalato poi nel mondo del lavoro, nata intorno ai miei quattordici anni, ma mi ha travolto sin da subito.

C’è da dire che nei primi anni novanta, quando mi ci approcciai io, il mondo hip hop era molto più coeso di come è ora, totalmente frammentato, e non potevi parlare di graffiti senza toccare anche il rap, il turntablism e la break dance, senza contare che eravamo davvero quattro gatti in tutta Italia a seguire questa controcultura, quindi era abbastanza facile conoscersi tutti, a prescindere dalla disciplina di riferimento.

Quando aprii il primo negozio Gold, per forza di cosa, ero sicuramente più vicino al writing, vendendo spray e t-shirt realizzate da writer, ma la connessione con il rap fu immediata e indissolubile.

I primi “testimonial” che Gold ha avuto erano appunto rapper e dj, tutti personaggi che conoscevo direttamente e che, nei primi tempi del negozio, appartenevano ancora alla sfera dell’underground.

Dopo pochi anni il rap esplose e nel giro di pochi anni scalzò più o meno tutto ciò che aveva intorno e si assestò nel panorama mainstream e diventò a tutti gli effetti un fenomeno pop.

Mi ritrovai quindi ad un tratto ad avere dei testimonial più grossi di quanto sia io che loro potessimo mai immaginare.

Qualche anno dopo, nel 2013, conobbi un regista fiorentino mio omonimo (non siamo parenti, nonostante lo pensino tutti) e insieme decidemmo di realizzare un documentario che raccontasse questo fenomeno, non dal punto di vista storico ma impressionista.

Da quest’idea nacque Street Opera, titolo che cita il brano cult omonimo di Fritz Da Cat con il featuring di Luca Barcellona aka Lord Bean, che ne ha anche realizzato il logo, brano (e album) che ritengo fondamentale nel panorama hip hop italiano.

Ho sempre avuto una passione per i linguaggi, soprattutto quelli underground, e anche il rap venne trattato come tale.

I nomi del panorama che conoscevo direttamente erano tantissimi, ma per cercare di dare un taglio più potabile e per non incorrere nel rischio di tagliare fuori qualcuno per n ragioni, optai per tracciare una sorta di rosa dei venti del rap in Italia, focalizzandomi su quattro rapper che a mio avviso rappresentavano aspetti molto diversi della scena nazionale:

Danno dei Colle der Fomento per raccontare il lato più underground e autentico.
Guè Pequeno per rappresentare l’aspetto più mainstream ed entertaining del fenomeno.
Tormento che con i Sottotono era stato tra i più noti precursori della scena a livello pop, ma che si era poi lentamente spostato nella scena underground.
Clementino che aveva dominato la scena freestyle e che si stava pian piano imponendo nel panorama mainstream.

Street Opera rivela il lato autentico di questi artisti: la dedizione, la passione e la determinazione nel diventare maestri delle rime.

A fare da Virgilio di questo viaggio all’interno di questa forma d’espressione, un rapper che per molti è “solo” un grandissimo attore: Elio Germano.

Non molti sanno infatti che Elio ha un gruppo rap chiamato le Bestierare attivo dal 1994, ma che, per sua volontà, è rimasto nell’underground proprio per rimanere uno spazio dove può sentirsi libero di dire ciò che pensa, al contrario del cinema dove invece deve mettersi sempre nei panni di qualcuno scritto da qualcun altro.

Ci concentrammo particolarmente sull’esperienza dal vivo, seguendo i nostri cinque (ma anche molti altri) per quasi un anno, per poi iniziare il montaggio che si concluse a ridosso della partecipazione nel 2015 al festival Alice nella città, festival parallelo alla Festa del Cinema di Roma, dove presentammo Street Opera insieme ai quattro protagonisti.

Il documentario venne poi presentato in qualche altro contesto festivaliero, ma non ottenne mai una vera e propria distribuzione, quindi purtroppo è stato visto da pochi fortunati.

Nonostante ciò Street Opera ha vinto una Menzione Speciale ai Nastri D’Argento 2016.