Tomato Story

Cortometraggio d’animazione sul viaggio di un giovane pomodoro dal Nuovo Mondo all’Europa del Cinquecento. Una favola culinaria sull’incontro tra culture, nata come progetto per MigrArti e rimasta in sospeso, in attesa del momento giusto per diventare realtà.

Tomato Story è uno di quei progetti che non mi ha mai davvero lasciato in pace. Ci ho lavorato anni fa per il bando MigrArti (lo stesso che avevo vinto con No Borders VR) ma stavolta non andò in porto. Eppure l’idea continua a bussare. Ogni tanto la riapro, la riguardo, e mi ricordo perché ci tengo così tanto.

La storia era semplice, quasi una favola: un giovane pomodoro che nel 1500 lascia l’America per raggiungere l’Europa, salutando Mais e Patata come si salutano gli amici di sempre. Arrivato nel vecchio continente trova diffidenza, paura, pregiudizio. Poi l’incontro con Mozzarella e Oliva, e quella nascita inevitabile – quasi scritta – che tutti conosciamo: Baby Pizza.

Abbiamo costruito questo mondo con grande cura: la bibbia grafica, il character design e l’animatic li realizzò Joachim Berg, mentre la produzione la seguì Lucia Geraldine Scott.

Forse è proprio questo il punto: Tomato Story è rimasto sospeso perché per me non era solo un cortometraggio. Era la scusa perfetta per affrontare seriamente il linguaggio dell’animazione, che mi affascina da sempre e che non ho mai avuto il tempo (o il coraggio) di affrontare davvero.

E poi c’è il tema, che continua a essere attuale e universale: la migrazione vista attraverso una storia che tutti conosciamo senza conoscerla davvero. Perché possiamo discutere all’infinito, ma una cosa è certa: senza quel viaggio del pomodoro, oggi vivremmo in un mondo molto più triste. Senza pizza.

Un giorno spero di finirlo. E forse proprio il fatto che continui a tornare significa che, prima o poi, succederà.