Prima che Gold diventasse un marchio, è stato un luogo.
Un posto dove le idee prendevano forma tra bombolette, t-shirt e vinili.
Un laboratorio aperto, vivo, dove le persone entravano per curiosità e restavano per appartenenza.
Da qui, da via Verdi, tutto ha avuto inizio.
Era il 13 settembre 2003 quando aprii il primo negozio.
L’inaugurazione fu una festa: regalai 100 magliette e CD realizzati per l’occasione e, la sera, ci spostammo all’Astor in piazza Duomo con Fritz da Cat, Dre Love e DJ Shinjin alla consolle.
Nel piano inferiore c’era il negozio, mentre sopra avevo ricavato il mio studio — poi trasformato in spazio espositivo aperto al pubblico dopo una ristrutturazione.
Il negozio sembrava un frammento di New York nel cuore di Firenze: vendevo Supreme direttamente da James Jebbia, unico store europeo non flagship a farlo, e marchi come A Bathing Ape, Neighborhood, Good Enough e Visvim — troppo presto, forse, ma con grande convinzione.
Accanto alle sneakers più ricercate, vendevo spray, libri, toys e tutto ciò che costruiva un immaginario street autentico, personale.
Decisi fin da subito di rinunciare alle vetrine commerciali in favore di installazioni artistiche, coinvolgendo writer e creativi che allestivano lo spazio con la loro visione.
Il primo collaboratore fu Emiliano Vitrugno, colonna portante del progetto, che mi aiutò a costruire fisicamente il negozio, dal parquet ai muri.
Poi arrivarono Sara Cespuglio, Shino (Federico Orlandini), Hiro, Nino Rossi, Renato Scapecchi, Marco Bambini e infine Matteo “Cece” Innocenti, ognuno lasciando il proprio segno.
Il negozio divenne presto meta per artisti e amici di passaggio a Firenze: Danno, Clementino, Luca Barcellona, DJ Craim, Alien Dee.
Spesso dopo gli eventi lasciavano video-saluti che finivano su Goldworld.it, il nostro diario digitale.
Chi ha vissuto via Verdi, ne conserva ancora oggi un ricordo speciale.
Fu anche palcoscenico di sperimentazioni artistiche, performance, mostre e set di video — molti dei quali non videro mai la luce.
Nei momenti di calma, tra un cliente e l’altro, guardavo film, pensando a come raccontare tutto quello in un linguaggio diverso.
Dopo dieci anni, decisi di dedicarmi completamente ad altro — al cinema, ai progetti culturali, alla realtà virtuale — ma volli mantenere viva la connessione con la comunità che avevamo costruito.
Da lì nacque lo store online, ancora oggi attivo, come una piccola casa digitale per chi c’era e per chi è arrivato dopo.
La storia di Gold e di questi anni è raccontata nel documentario Gold 10 Years di Manfredi Lucibello, costruito anche con il materiale d’archivio che avevo raccolto nel tempo.
Quel film chiude idealmente il primo decennio del brand e segna il passaggio verso una nuova fase — quella che, in fondo, non si è mai davvero fermata.