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Omar Rashid, Vulcano, Islanda, Gold

Vulcano

In Islanda per filmare in VR l’eruzione del vulcano sul monte Fagradalsfjall, inattivo da 800 anni. Un viaggio immersivo, accompagnato dalla voce narrante di Valentina Lodovini, che riproduce fedelmente le immagini che abbiamo visto, per trasportare lo spettatore in un luogo inesplorabile. Tra fiumi di lava e paesaggi sconfinati, riaccendiamo il rapporto tra uomo e terra.

Vulcano

  • - 11'
  • Regia Omar Rashid
  • Produzione Gold, Valmyn, Rai Cinema
  • Cast Valentina Lodovini
  • Musica Luca Fortino
  • Fotografia Omar Rashid, Nuri Rashid, Giuseppe Baranello
  • Post Produzione Sasan Bahadorinejad, Cosimo Lombardelli
  • Sound Design Luca Fortino
  • Presa Diretta Luca Fortino
  • Grafica Azzurra Giuntini

Un giorno, mentre andavamo a prendere un caffè al bar, il mio socio Luca mi racconta di Fagradalsfjall, un vulcano in Islanda che si era riattivato dopo 800 anni, dicendo “in un mondo ideale la Rai dovrebbe mandarci a farci un film”. Il modo migliore per trasformare il nostro mondo in quello ideale era farglielo sapere, così chiamai Carlo Rodomonti e gli proposi l’idea, sottolineando che era il momento giusto perché non si sapeva quando avrebbe smesso di eruttare. Fortunatamente, anche stavolta, accettò.

Durante la settimana di preparazione, ci siamo tenuti in contatto con Giuseppe Baranello, un amico di Federica, nostra collaboratrice, che viveva a Reykjavik e ci aggiornava sullo stato del vulcano. Eravamo ancora in piena pandemia e andare in Islanda richiedeva un test negativo pre-partenza, un test all’arrivo e una quarantena di cinque giorni, fortunatamente con la possibilità di esplorare in solitaria fino a quindici minuti a piedi dal luogo della quarantena.

Il vulcano si trova a circa quaranta chilometri da Reykjavik, la stessa posizione dell’appartamento che avevamo preso per quei giorni. Eravamo io, Luca e mio fratello Nuri, che aveva il patentino per il drone. Passammo i cinque giorni di quarantena, allungati dal sole di mezzanotte tipico di maggio, con il terrore che il vulcano si spegnesse. Dei sei crateri formati nel mese precedente, solo uno rimase attivo e nessuno poteva sapere per quanto tempo.

La mattina del sesto giorno ci precipitammo verso il vulcano. Era il giorno in cui morì Battiato, quindi lo commemorammo ascoltando le sue canzoni durante il viaggio. Arrivati alle pendici del promontorio, ci aspettava ancora una scarpinata di un’ora. È indescrivibile l’emozione che ci assaliva ad ogni passo. Già solo vedere il fumo ci esaltava, poi camminando vedemmo una fumata densa con riflessi fiammeggianti. Infine, arrivammo a vederlo in faccia. Forse eravamo a un chilometro di distanza, ma senza ostacoli visivi, e quando esplose fu una delle cose più magiche che avessi mai visto.

Potevamo avvicinarci fino a cento metri dalla bocca, ma decidemmo di iniziare a girare subito le prime riprese per evitare il rischio che il vulcano si spegnesse. Davanti a una distesa di lava secca effettuammo le prime riprese. Nuri montò il drone, ma il primo volo fu drammatico: il drone si piantò a una quarantina di metri sopra la lava, con la nostra telecamera migliore attaccata sotto. Fortunatamente, riuscimmo a recuperare tutto e da quel momento decidemmo di montare la telecamera sopra il drone per le planate sulla lava, a discapito del risultato finale.

Riprendere a 360° comporta rimuovere il supporto della camera, facile con un monopiede nel nadir o un drone nello zenit, ma più complicato se il drone occupa una gran parte della sfera inferiore. Sorvolando un fiume di lava essiccata, riuscimmo comunque a mascherarlo in modo sufficiente.

Infine, arrivammo vicinissimi al vulcano, dove le riprese con il drone furono solo voli verticali, e facemmo riprese a terra, avvicinandoci più dei numerosi turisti presenti.

Le eruzioni erano regolari, ogni sette minuti. Sembrano frasi fatte, ma ti sentivi davvero ridimensionato davanti a tanta bellezza, percependo la forza della natura. Rimanemmo lì per otto ore, percepite come una sola, incantati dallo scenario. Nei restanti tre giorni ci tornammo altre due volte, in orari diversi, facendo anche una ripresa a mezzanotte, quando il sole è più basso ma ancora presente (scena finale del film).

Riprendemmo anche altri scenari dell’Islanda, ma al ritorno, rivedendo il materiale, decisi di concentrarmi sulle emozioni vissute in quei tre giorni sul vulcano. Scrissi un breve testo e chiesi a Valentina Lodovini di prestarmi la voce. Con le musiche di Luca, che aveva registrato i suoni naturali del vulcano, montai una narrazione con cinque esplosioni a intervalli regolari, utilizzando anche le foto di Giuseppe.

Incredibilmente, una settimana dopo le nostre riprese, il fiume di lava che per noi era secco aveva avanzato talmente tanto da rendere il vulcano irraggiungibile, se non in elicottero. Ancora una volta, siamo riusciti a fermare il tempo.